lunedì 22 aprile 2013

Dicono di Clelia


Autore: Remo Bassini
Editore: Ugo Mursia Editore
Anno 2006
Pag. 180

Recensione di Ivo Tiberio Ginevra
pubblicata su www.letteratitudine.it

Un buon vecchio libro non ha tempo. Un buon giovane libro rispetto ai classici deve anche sapersi imporre sulle nuove impietose regole del business e soprattutto deve essere pubblicato da una casa editrice lungimirante. Detto questo, ho il gran piacere di recensire il buon giovane libro “Dicono di Clelia” di Remo Bassini pubblicato nel 2006 da Ugo Mursia Editore e ancora in commercio.

Giacomo ha da poco superato la quarantina. Ha un lavoro sicuro come professore nelle scuole superiori, una moglie coetanea ancora bella, due figlie Laura e Ornella, che adora. Giacomo conduce una vita regolata e serena eppure….
Manfredi ha anche lui da poco superato la quarantina. Ha una moglie seducente, due figli maschi, ed è un maresciallo dei carabinieri realizzato nel suo lavoro e in famiglia, eppure anche lui…
Francesco ha la stessa età di Giacomo e Manfredi. È un medico stimato. È piuttosto ricco ed ha una bella moglie e una figlia, Marina, che lo adora, ma anche lui ha il suo “eppure”, però contrariamente agli altri due l’ha cercato, l’ha voluto e per questo ha rovinato tutta la sua esistenza.

Francesco, Manfredi e Giacomo non si conoscono neanche. Tutti e tre hanno tanto in comune, compreso quello che manca nelle loro vite. E a loro manca una cosa che con lo scorrere del tempo diventa essenziale. Diventa tormento. A loro manca la vita stessa. Perché da un certo punto in poi non l’hanno più saputa vivere. Complice una provincia noiosa e indifferente, hanno scoperto all’improvviso che sono incompleti. Che il grigiore d’ogni giorno ha tolto loro il colore acceso della vita. Ha tolto loro il rosso vivo. Il colore dell’amore. L’amore.

Tutti e tre lo desiderano, lo cercano, lo bramano. Tutti e tre lo vogliono. Incondizionato e travolgente. E questo desiderio si materializza per Giacomo nei panni di una collega d’università mentre si esibisce in un sensuale spogliarello, per Manfredi nelle perfette e conturbanti gambe di Geltrude, moglie del vice prefetto, e per Francesco nei fugaci amplessi carnali con una donna sposata nel suo stesso studio medico.

Il loro bisogno di evadere dalla stretta mortale della mediocrità umana incartata nel contesto indifferente e noioso di una provincia qualunque dell’Italia settentrionale, guida le esistenze di Giacomo, Manfredi e Francesco soffocandole nel desiderio spirituale e carnale dell’amore, quale riscatto edonistico della propria voglia di vivere.

A queste tre figure maschili d’amore negativo, fanno da contro altare tre figure femminili che potremmo definire positive, e su tutte Clelia, con la sua bellezza, la sua intelligenza e in suo modo di amare incondizionato senza limite alcuno, che eleva l’amore stesso a forza trainante della propria vita. Una vita dedita a questo sentimento, voluto, desiderato, preteso e agognato a sprezzo della dignità stessa.

E poi c’è l’amore sconfinato e deluso di Marina. Figlia tradita da un padre fedifrago. Offesa nel suo universale sentimento di puro amore filiale, che incolpevole vede crollare l’unica certezza della vita: “La sua famiglia”.

E infine Carla che non vuole perdere il marito, la sua famiglia e con questa tutte le proprie certezze, perché nonostante l’avvolgente routine della vita matrimoniale, ama ancora il marito e dimostra doti di sopportazione incredibili pur di non perdere il suo uomo e con questo, tutto quanto di buono ha costruito nella vita.

Tre figure maschili. Tre figure femminili. Uguali e contrapposte nello stesso tempo.

Per ultimo a completamento di questo grande affresco moderno sull’amore, si aggiungono altre due figure. Una maschile, Romolo e una femminile, Aldina. Personaggi indispensabili nella costruzione dell’opera di Bassini perché incarnano il primo l’amore puro, totale, profondo e devastante, mentre la seconda è l’esatto contrario del primo essendo la sintesi stessa della mancanza assoluta del sentimento, della fiducia e di tutti valori legati all’amore.

Remo Bassini in questo breve romanzo scandaglia a strascico il nostro quotidiano indifferente. Le nostre aspirazioni con le relative speranze deluse. La nostra morte interiore e giornaliera. Il nostro modo di amare. La nostra normale normalità.

Bassini ci travolge scrivendo d’amore senza scrivere un romanzo sentimentale.

Un’opera atipica, corale, ambivalente, dove l’intreccio delle storie dei vari personaggi scorre su piani narrativi sovrapposti, lontani, diversi e convergenti. Ricchi di particolari che non confondono, ma che seguono un’armonia cementata dalla figura di Clelia, come forza centripeta di un universo regolato dalla forza dell’amore. Piani narrativi che si sfiorano appena per riprendere, poi, la via disegnata all’origine con le sue imperfezioni, angosce, paure, e fallimenti fagocitati tutti dalla nostra insensibile, distratta, monotona esistenza contemporanea. Piani narrativi che s’intrecciano senza toccare il mondo di Clelia verso cui tutti fatalmente convergono e dove si apprezza la grande costruzione artistica dello scrittore toscano.

Lo stile di Remo Bassini è asciutto e diretto, con pagine liriche degne di nota, o semplicemente di essere inserite nelle antologie scolastiche.

È un occhio impietoso che mette in risalto le debolezze e i fallimenti di uomini illusi quali ingranaggi di una società perbenista, indifferente e tentacolare di una provincia qualunque dell’Italia settentrionale.

recensione di Ivo Tiberio Ginevra



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